
23 Lug 2019: IL RIUTILIZZO VA ALLA GRANDE
Il mondo della moda cambia grazie alle nuove sensibilità dei consumatori, sempre più attenti a:
- impatto ambientale
- sostenibilità sociale
- riduzione degli sprechi.
Queste sono alcune delle nuove preoccupazioni dei giovani consumatori, valori che stanno orientando gli acquisti a livello mondiale, dove accanto alle catene fast fashion, che fanno leva sui costi bassi e il costante rinnovamento, senza dimenticare la loro scarsa attenzione a: qualità e durata dei capi, sostenibilità ambientale e umana), emergono con forza nuovi modelli di consumo, come evidenziato dallo studio The State of Fashion 2019 realizzato da McKinsey&Company.
Non è un caso se sono in crescita costante anche modelli positivi di business che scelgono l’economia circolare, concretizzando le pratiche di rinnovo e riutilizzo.
Un cambiamento fondamentale, permesso anche dal comportamento degli acquirenti. Da quanto riporta l’indagine del 2019, 9 giovani consumatori su 10 (nati tra il 1995 e il 2010) ritengono che le aziende abbiano la responsabilità di affrontare in modo concreto le questioni ambientali e sociali.
Questi nuovi e giovani acquirenti sono dunque attenti all’accessibilità economica e al grado di sostenibilità dei capi che scelgono di acquistare.
Una tendenza anche italiana, come già emerso dall’indagine Osservatorio 2017 Second Hand Economy condotta dall’Istituto Doxa, che aveva rivelato che il mercato dell’usato è in crescita costante: nel 2015, la second hand economy generava un volume pari a 18 miliardi di euro.
L’abbigliamento sostenibile pare quindi essere uno dei trend più importanti del settore moda contemporaneo e del futuro.
Un’altra indagine sul tema moda e sostenibilità, intitolata Think Sustainability, The Millennials View e condotta da Pwc nel 2016, ha rivelato come i giovani e giovanissimi consumatori attribuiscano molta importanza alla sostenibilità dei prodotti:
l’81% è disposto a pagare un sovrapprezzo per un capo sostenibile, preferendo brand che sono in grado di testimoniare un reale impegno in termini di:
- trasparenza della filiera
- rispetto dei lavoratori
- impiego di materiali ecosostenibili.
Un esempio positivo e tutto italiano è sicuramente SHARE – Second Hand Reuse.
Impegnata dal 2014 nella chiusura della filiera degli abiti usati, nel 2018 ha venduto circa 90.000 pezzi. Destina ogni anno parte del ricavato in progetti solidali sul territorio di appartenenza e per sostenere e migliorare l’attività delle cooperative sociali che gestiscono i negozi, creando occasioni di lavoro per soggetti svantaggiati.
Sono cinque i punti vendita (Milano, Varese, Lecco e Napoli) e, solo sul territorio lombardo, sono stati finanziati progetti sociali per oltre 35.000 euro negli ultimi 5 anni.
Quando parliamo di negozi Second Hand non dobbiamo pensare a mercatini delle pulci, pieni di abiti tristi e impolverati, come qualche anno fa. Stiamo parlando di splendidi negozi, con capi selezionatissimi e igienizzati, con un rinnovamento costante dell’assortimento in nome della qualità e della possibilità di scelta da parte della clientela.
I capi sono tutti pezzi unici, per donna, uomo e bambino: dalle camicie ai jeans a vita alta, a capi firmati e alla moda, tutti in ottimo stato, pari al nuovo.
E, nel caso di realtà come SHARE, c’è anche il fine solidale per progetti sul territorio italiano. Un fine concreto e trasparente, che oggi appare, per una parte crescente dei consumatori, in grado di orientare le scelte verso un consumo etico, responsabile e sostenibile.